sabato 12 maggio 2012

Mostra Tintoretto alle Scuderie del Quirinale

25 febbraio - 10 giugno 2012

Jacopo Robusti, detto "il Tintoretto", nasce a Venezia nel 1519. Sarà il certificato di morte a permetterci di evincere l'anno di nascita, visto che in esso si fa riferimento al decesso avvenuto il "31 maggio 1594", dopo quindici giorni di patimenti, all'età di anni settantacinque. Il soprannome "Tintoretto" gli deriva dalla professione paterna che esercitava il mestiere di tintore di stoffe nella zona di Rialto. Anche "Robusti" in realtà è un soprannome ereditato dal padre, poiché distintosi per coraggio durante la guerra della Lega di Cambrai. Comin è probabilmente il vero cognome di origine.

Al fin della grande scalinata ricurva che introduce nelle sale espositive delle "Scuderie" si è accolti da subito da una grande opera, grande per dimensioni, fattura e impatto espressivo: il "Miracolo dello schiavo". Tuttavia, a ben vedere la mostra si apre così come si chiude, ovvero con due autoritratti che segnano il limitare del percorso. Nel primo troviamo un giovane volto a tre quanti, dal piglio fiero e sicuro. Viene esposto sulla parete destra della sala. La profondità dello sguardo rende il messaggio pienamente comunicativo di una persona ambiziosa e caparbia. Tale era infatti fino ad esser considerato "ribelle", ma dalla sua minuta statura tuttavia si manifestava semplicemente la volontà di conseguire la gloria e, inoltre, al contempo, la capacità di ottimizzare le sue (non molte) risorse economiche, arrivando così anche a realizzare le stesse tele per pittura (i futuri teleri) all'interno dell'Impresa "Tintoretto". Tutto comprovato e registrato in appunti contabili, che ci hanno permesso anche di tracciare buona parte del suo percorso realizzativo e di consegnarcelo alla memoria come persona un po' "sparagnina". E così anche in questo caso, del genio non si può prescindere dalla personalità e ne scorgiamo il lato umano. Amante della vita così come del proprio lavoro, sapeva suonare strumenti musicali, amava il teatro e disegnava le maschere per il carnevale. Un uomo e un artista inserito in un contesto storico di eccezionale fermento: il Rinascimento maturo, che vedeva nelle più importanti città italiane i centri artistici d'eccellenza. Venezia era per l'epoca un centro assai importante a livello politico ed economico, ma anche culturale. La Serenissima Repubblica costituiva un centro di accoglienza delle novità provenienti dall'Italia centrale e dal Nord dell'Europa. Non è un caso che il Tintoretto vi ha trascorso praticamente l'intera esistenza, con solo poche eccezioni per brevi viaggi alla volta di Mantova e Roma. E ciò lo accomuna a Tiziano, con il quale ha avuto un rapporto di breve apprendistato nella sua bottega, che in forma romanzata si vuole narrare molto controverso e bruscamente, interrottosi per gelosia del Tiziano rispetto alle doti del giovane pittore. Tuttavia, è più verosimile pensare che i dissidi, con conseguente rottura, si siano creati per divergenze artistiche e, non di meno, caratteriali. Il Tiziano, così diverso e distante per estrazione e lignaggio: figlio di notaio, sarà insignito del titolo di Cavaliere (eques caesareus) e sarà colui che ritrarrà l'Imperatore Carlo V a cavallo (1530, Olio su tela. Madrid, Museo del Prado).
Il Tintoretto, tra non poche difficoltà, nel tempo riuscirà a rispondere alle grandi firme dell'epoca con la propria "bottega", dove in modalità proto-industriale vengono impiegate molte Persone, che collaborano con compiti specifici per rispondere alle diverse commesse. Inseriti in questo contesto lavorativo troviamo pittori fiamminghi, cui vengono affidati con molta probabilità i paesaggi. Ma anche membri della propria famiglia, come la figlia Marietta (l'amata figlia), dalla personalità artistica poliedrica tanto da essere conosciuta e apprezzata anche all'estero ed esser richiesta dalle corti di sovrani stranieri, e il suo figlio Domenico, che assisterà il padre fino a sostituirlo nella pittura degli ultimi anni di vita e alla sua morte. Questi passerà alla storia come il "Tintoretto Giovane".

Riporto il percorso che si sviluppa nelle diverse sale. Non illustrerò ovviamente tutte le tele della mostra, ma solo alcune tra le più rappresentative e quelle che più mi hanno colpito. La sensazione che si ha al termine della visita è di aver assaporato le opere di un pittore in cui convivono diverse identità artistiche. Soggetti religiosi, scene mitologiche e ritratti eseguiti per nobili e signori sono passati sotto la sua mano o sotto la sua capacità progettuale. Ma il suo pennello ha saputo concepire anche il popolino, i gradini più infimi della scala sociale. Questo ha voluto il Maestro, o includendolo direttamente nelle sue scene, o come destinatario delle narrazioni sviluppate dalle rappresentazioni, per la diffusione di un messaggio attraverso l'opera sacra.
Si riscontrerà da una lettura attenta, che Tintoretto predilige la pennellata veloce, l'effetto coloristico e scenico. E pertanto, non è tanto interessato a curare ogni aspetto e ogni dettaglio: sotto alcune pennellate traspare il colore sottostante. Alcune dimensioni prospettiche sono sproporzionate, le distanze semplicemente abbozzate. Eppure è tutto così geniale e fantastico nella modernità dell'informazione, in cui viene dato rilievo alla miseria umana, ai sentimenti e alle emozioni, piuttosto che agli spazi e alle prospettive. L'azione prevale sulle dimensioni. Tuttavia, spazi e prospettive giocano un ruolo fondamentale grazie alle architetture delle scene, per mezzo delle quali la luce da divina diviene umana.


Il Miracolo - SALA 1

- Jacopo Robusti detto il Tintoretto, Autoritratto, 1546-1547 circa

- Jacopo Robusti detto il Tintoretto, San Marco libera lo schiavo dal supplizio della tortura, (detto anche Miracolo dello schiavo), 1547-1548
Nel 1547 ha la sua prima grande possibilità di guadagnarsi la notorietà. Gli viene commissionato dalla Scuola Grande di San Marco la realizzazione di un tema riferito al Santo protettore di Venezia e della Scuola. Ha a disposizione una superficie estesa di oltre venti metri quadrati, in una parete della Sala Capitolare compresa tra due grandi finestre. Un particolare da sottolineare, perché ciò che fin da subito colpisce è la luminosità dell'affresco, una luminosità diffusa e che proviene da più punti, ma che allo stesso tempo sa mettere sapientemente in evidenza i soggetti principali nonostante la moltitudine di gente: il Santo e lo schiavo. I colori sono brillanti e il quadro è fantastico, ma al contempo provocatorio. Il signore di Provenza vuole punire lo schiavo reo di essersi recato in pellegrinaggio a Venezia in devozione del Santo. La tela fotografa il momento del martirio e l'intervento di San Marco che vanifica ogni tentativo di cavazione degli occhi e rottura delle gambe. La schiavo è nudo, ma comunque dignitosamente "vestito" da un'ombra lunga che gli copre il pube. E' costretto a terra assolutamente indifeso e alla mercé degli aguzzini e dei seviziatori. Tuttavia, gli strumenti si spezzano e diventano morbidi come burro. Tutt'intorno uomini col capo in turbante che tentano di farsi largo per assistere all'accaduto. Chi in piedi, chi in torsione vuole vedere. Al centro un personaggio anch'egli col turbante mostra al Signore di Provenza i legni di un martello ridotti in pezzi. Quest'ultimo sulla scena di destra sembra essere incredulo, nell'atto di dettar comandi senza convinzione, nella consapevolezza della totale inefficacia delle azioni per l'intervento celeste. San Marco è ritratto quasi capovolto, in volo e in picchiata. D'impatto si potrebbe pensare alle modalità d'azione di un rapace che irrompe dall'alto. Il volto è in ombra, mentre ben visibili sono i piedi e la mano veicolo del miracolo. Le architetture sullo sfondo e i giardini sono tipicamente veneziani in un'ambientazione che invece si vorrebbe in Provenza. Tintoretto pur non avendo molti libri, aveva una vulgata della Bibbia. Il miracolo del Santo veicola chiaramente il messaggio della Carità cristina. Il volo del Santo raggiunge gli uomini per la loro salvezza e la conversioni dei popoli. Lo schiavo, tuttavia, vince sul volere del padrone.
Il messaggio è molto forte. Troppo forte tanto da indurre inizialmente i confratelli a chiederne la rimozione. Ciò non avverrà perché nel frattempo tutti in città ne parlano. Alla fine prevale l'arte e il pubblico volere.
Per questo lavoro riceverà una lettera d’apprezzamento dal salace Aretino.


Gli inizi - SALA 2
Gli anni Cinquanta - SALA 2

Il percorso formativo non è noto. Indubbiamente i riferimento dei pittori veneti da un lato e della "maniera" dall'altro non possono non aver influito sulla maturazione delle abilità artistiche e dello stile. Tiziano non poteva non costituire un riferimento da cui poter prescindere, nonostante le distanze personali.
Il mercato è saturo, la concorrenza feroce.
Tintoretto sceglie una strategia aggressiva, congeniale al suo carattere: dipinge facendosi pagare solo tele e colori, oppure pochissimo o addirittura gratis. Un metodo che lo rende inviso ai colleghi - però funziona.
(Melania G. Mazzucco, Guida Breve, p. 9)

Il Miracolo dello schiavo gli conferisce popolarità. Con l'ascesa dalla Scuola di San Marco, iniziano ad arrivare a bottega numerose commesse: il suo stile genera entusiasmo, ma anche incomprensione per le modalità realizzative di alcuni temi sacri.

Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, La disputa di Gesù con i dottori nel tempio di Gerusalemme, 1541 circa
Il libro in primo piano sulla sinistra è smisuratamente grande. Colpisce anche l'espressione del viso di chi a fatica lo sostiene e ne consulta gli scritti, che tradisce la difficoltà di orientamento tra gli argomenti trattati e lo sforzo dei movimenti della mano nell'individuazione dei riscontri. Ma anche il soggetto sulla destra, non di meno attonito, sostiene  il gravoso peso del grande volume, anch'egli intento a seguire i discorsi con impegno, ma deludenti risultati.

- Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, Apollo e Dafne, 1541-1542, (Modena, Galleria, Museo e Medagliere Estense)
Rappresentazione di soggetto chiaramente mitologico, dove viene raffigurata la scena dell'inseguimento. Anche in questo caso il Pittore vuole dare risalto al movimento, costringendo lo spettatore a osserva i due soggetti di spalle. Tintoretto aveva tra i suoi pochi libri anche una Vulgata de Le Metamorfosi di Ovidio: il momento della trasformazione della ninfa in albero esalta la poesia e trasmette sensazioni ancora oggi vivide e vibranti. Ci si chiede se affascina di più l'idea della conquista del vivere l'amore conquistato.

- Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, Deucalione e Pirra, 1541-1542, (Modena, Galleria, Museo e Medagliere Estense)



Le Scuole Grandi - SALA 3

L'obiettivo più ambito era l'assegnazione di commissioni dalle Scuole Grandi. Nei primi anni sessanta per la sala capitolare della Scuola Grande di San Marco vengono commissionati al pittore tre realizzazioni con a tema il miracoli di San Marco.

- Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, Il trafugamento del corpo di San Marco, 1562-1566

Le vicende che legano Tintoretto col medico Tommaso Rangone, ci parlano di una commissione di tre quadri con i miracoli del Santo patrono per la sala capitolare della Scuola Grande di San Marco. Il medico passerà alla storia per la sua continua ricerca dell'immortalità, guadagnandosi di fatto una immortalità ultraterrena e artistica essendo 
raffigurato nei teleri (in quello qui esposto lo riconoscete per il mantello dorato da cavaliere). Dopo la sua morte, gli altri fratelli della Scuola, gelosi, ordinano a Tintoretto di cancellare il vanitoso mecenate. Tintoretto non lo farà.  (Melania G. Mazzucco, Guida Breve, p. 11)
Colpisce la presenza di figure eteree, di spiriti che si muovono tra le colonne e manifestano il conato di prender forma. Ancora una volta colpisce la prospettiva delle architetture e il senso del movimento nelle figure.



L'avventura della Scuola di San Rocco - SALA 4
Il pittore di tutti - SALA 4

La Scuola di San Rocco bandisce nel 1564 un concorso per la realizzazione dell'ovato centrale del soffitto destinato alla sala dell'Albergo (la sala più importante). Il concorso non avrà luogo, in quanto il Tintoretto presenterà il quadro finito in luogo del bozzetto.
Questa mossa astuta gli consentirà di collaborare a lungo, fino al 1588, con la Confraternita. La Scuola Grande di San Rocco rappresenta un importante riferimento di decorazione pittorica del Maestro.


Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, L'Ultima Cena, 1561-1562
Venezia, Chiesa dei Santi Gervasio e Protasio detta Chiesa di San Trovaso.

- Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, L'Ultima Cena 1574-1575
Venezia, Chiesa di San Polo.

Nella tela di San Trovaso è raffigurato l'annuncio del tradimento di Giuda: questi non si riconosce tra gli apostoli.  Tutti hanno cinta l'aureola sul capo, anche la figura centrale per la quale questa è pallida e sottile, ma tuttavia presente. Il Maestro sembra quasi dirci che il tradimento è dentro ognuno noi.
Mi piace pensare all'idea del Tintoretto come pittore di tutti. Negli anni in cui realizza queste rappresentazioni di “Ultima cena” il Maestro è conosciuto e apprezzato. Nonostante ciò vuole adoperarsi per le genti comuni, con l'intenzione di veicolare messaggi di fede e di speranza. Pertanto, è possibile scorgere oggetti di uso quotidiano e animali domestici, che aiutano il "lettore" comune (spesso privo di formazione scolastica) a ritrovarsi e identificarsi.


Il pittore dei dogi - SALA 5

- Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, Incoronazione della Vergine o Paradiso, 1564 circa
L'Empireo come lo immagine il Maestro: un grande occhio, una figura si direbbe dantesca. Nella mostra è presente questo lavoro, che costituisce il sogno di sempre: una sua rappresentazione e interpretazione per la sala del Maggior Consiglio. La sorte gli negherà in un primo momento la commissione; il fato gli offrirà in un secondo tempo l'occasione della vita. Ma una volta conseguito il sogno di sempre non coglierà l'opportunità, non potrà o non vorrà dipingere il Paradiso di propria mano. Il lavoro verrà eseguito dal figlio, con modalità diverse dal progetto. Del Maestro a noi rimane quanto da egli ideato e prefigurato.

- Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, Madonna con il Bambino e i Santi Sebastiano, Marco, Teodoro, venerata da tre Camerlenghi, detta anche Madonna dei Tesorieri, 1566-1567
E' un esempio di immagine votiva dove viene celebrato, a futura memoria, la fine del periodo di permanenza in carica. Troviamo ritratti i committenti (M. Pisani, L. Dolfin e M. Malipiero) in omaggio della Madonna col Bambino e i Santi.
Per quest'Olio il Pittore è al cospetto del potere della Serenissima Repubblica: i Camerlenghi, ovvero i responsabili delle finanze dello Stato, in roboni (mantelli) e pellicce, accompagnati dai loro commessi. E' un momento di commemorazione e autocelebrazione.

Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, Ritratto di Sebastiano Venier con un paggio, 1577-1578 circa
Del condottiero SEBASTIANO VENIER la storia registra l'episodio decisivo nella Battaglia di Lepanto (1571). Lo spettatore non può non riscontrare la diversità realizzativa dell'ordine superiore rispetto a quello inferiore. La corazza riluce nei riflessi metallici, il mantello è morbido panno che introduce al teatro di  battaglia sullo sfondo e alla fierezza dell'elmo. Più in basso, peraltro, le gambe sono tozze e rozzamente abbozzate; il colore innaturale e la pennellata eccessivamente veloce. Ciò rende il Genio così vicino alla natura più umana, all'umana contraddizione e, pertanto, ancor più apprezzato nelle sue perfette imperfezioni.




I ritratti - SALA 6

Si sale di un piano dove troviamo nella prima sala, la numero 6, la serie dei dipinti dedicata ai ritratti di personaggi di riferimento della Venezia del tempo, realizzati tra il 1548 e il 1575.
E' il passaggio a mio avviso meno appassionante del percorso espositivo. Tintoretto dipingeva i ritratti per ingraziarsi la benevolenza del pubblico che contava. Le sue capacità gli consentivano una realizzazione assai rapida e ciò gli garantiva anche la possibilità di ottenere un introito sicuro. Tra i tanti:

Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, Ritratto di Jacopo Sansovino, 1566 circa
La famosa tela della Galleria degli Uffizi costituisce un raffinato esempio di ritrattistica per illustri personalità.


- Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, Ritratto di Alvise Cornaro, 1562-1565 circa
Di Alvise Cornaro la curiosità è che egli scrisse un Compendio "Della Vita Sobria" avendo in effetti vissuto a lungo.



La bellezza femminile - SALA 7

- Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, Susanna e i vecchioni, 1555-1556
Il mio preferito, così finemente realizzato e ricco nel simbolismo, così forte nel messaggio e intenso nel contraddittorio dei sentimenti suscitati. Si viene proiettati nell'atmosfera di una ambientazione fiabesca, Susanna al centro della scena; negli anfratti di una natura rigogliosa, i vecchioni nell'intento di coglierne furtivamente le intime nudità. Una gamba nell'acqua, mentre l'altra viene asciugata delicatamente da un candido drappo. I polsi sobriamente ingioiellati e lo sguardo innocente verso lo specchio. E' una storia di castità, fedeltà e giustizia. Susanna dalla pelle lattea e vellutata risalta grazie alla irradiante luminescenza. I vecchioni in disgustoso appostamento voyeuristico carpiscono le nudità della giovine donna nell'atto della toletta. Prendere le distanze dal comportamento spregevole, esprimere disagio e disgusto, emendare l'ignobile comportamento, sono questi i sentimenti che all'impronta si esprimono con forza e convinzione. Tuttavia, la bellezza e la sensualità di Susanna catturano lo sguardo e ci costringono in una involontaria complicità con i vecchioni, trasformandoci da spettatori a partecipi osservatori.
La trama e la fotografia di un soggetto seppur religioso, svincola la tela da ogni finalità più diffusamente votiva, rendendola universale e moderna. La storia (vd. "Libro di Daniele") narra dell'esercizio bieco del potere da parte degli anziani giudici allo scopo di ottenere le attenzioni della bella e casta fanciulla e, tuttavia, si conclude col trionfo della fedeltà.
Nella scena una gazza cerca di richiamare l'attenzione della bella Susanna. Sullo sfondo le papere, simbolo di falsità, mentre sulla sinistra il cervo immagine del Cristo che chiama le anime degli uomini e, inoltre, l'albero di fico a rappresentare la Chiesa stessa. Il sambuco viene scelto come simbolo dell'ambiguità, per la bellezza del fiore e il disgustoso odore delle bacche.


Tintoretto e la "maniera" - SALA 8



L' "impresa" Tintoretto - SALA 9



Congedo - SALA 10

Il congedo è il preludio della morte.

- Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, La Deposizione di Cristo nel sepolcro, 1593-1594
In presa volutamente diretta con la bella Susanna, cito la realizzazione del Tintoretto della Deposizione del Cristo, per sottolineare il riferimento del tema dell'imperitura contrapposizione di Eros e Thanatos.
Il Robusti, ormai vecchi ha delegato le commesse alla bottega, ma la Deposizione sarà seguita più direttamente dal Maestro, ferito dalla perdita di un figlio di cui non ha potuto assicurare la sepoltura.
L'apertura delle braccia di Maria in svenimento richiama quella del Cristo deposto dalla croce. Un chiaro richiamo all'eterno rapporto che indissolubilmente lega un genitore ai propri figli.

- Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, Autoritratto, 1588-1589
La mostra si chiude con l'autoritratto di tarda età. Un uomo dalla barba canuta, così folta da nascondere la bocca. Lo sguardo profondo e penetrante, nonostante gli occhi rigonfi. Sembra uno sguardo di sfida lanciato alla Signora delle tenebre, forse è il volto enigmatico dell'esistenza che tutti noi attenderà.



Riferimenti della Mostra:

Mostra e catalogo a cura di Vittorio Sgarbi
Commissario generale Giovanni Morello
Testi Melania G. Mazzucco
Coordinamento scientifico Giovanni C. F. Villa
I testi di sala sono di Vittorio Sgarbi (V.S.) e Melania G. Mazzucco (M.G.M.)


Da non perdere:

Notte dei Musei 2012

Michelangelo Buonarroti Leonardo Da Vinci, Raffaello Sanzio, Michelangelo Merisi. Sono solo alcuni tra i protagonisti del grande kolossal che, il prossimo 19 maggio, animerà i più importanti musei italiani per una notte di cultura, spaventosamente divertente e gratuita, tutta da vivere. [segue...]



La notte dei musei. La notte delle biblioteche
19 maggio 2012 dalle ore 20.30 alle ore 00.00

Sabato 19 maggio 2012,  per il quarto anno consecutivo, Roma aderisce all’appuntamento con La Notte dei Musei, evento che dal 2005 si svolge con successo in tutta Europa e che quest’anno coinvolgerà oltre 3000 musei e 40 paesi. [segue...]



Fonti:

Link di approfondimento:





Tintorétto, Iacopo Robusti Detto Il

Enciclopedie on line
Tintorétto, Iacopo Robusti detto il. - Pittore (Venezia 1518 - ivi 1594), dovette il soprannome alla professione di tintore esercitata dal padre. Uno dei massimi innovatori del Rinascimento veneziano, fin dalle sue prime opere si nota una forte impronta della cultura figurativa del manierismo. Il pittore armonizzò la tradizione veneta di Giorgione e Tiziano, basata sulla funzione espressiva autonoma del colore, con la cultura fiorentina e romana, rivolte al ruolo primario del disegno. Di particolare rilievo nella sua produzione pittorica sono le tele della Scuola di S
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