mercoledì 21 marzo 2012

Primavera a Roma

Primavera

Riempie di ottimismo e allegria.
Ogni momento va goduto,
perché non sfugga nemmeno un'occasione di vita.




Una buona occasione per vivere
l'Arte e l'Ambiente:


Fondo Ambiente Italiano
per il Paesaggio, l'Arte e la Natura
XX GIORNATA FAI DI PRIMAVERA

martedì 13 marzo 2012

La fontana del "Mascherone" in Via Giulia













Via Giulia, elegante e raffinata

Gli interventi urbanistici che nel Quattrocento interessarono le corti italiane, assicurarono opere nei più importanti centri cittadini dell'epoca, come Milano, Firenze e Ferrara. Tuttavia, anche una piccola realtà come Pienza fu coinvolta nel processo di rinnovamento, con la sua trasformazione da borgo medioevale a residenza papale di stile rinascimentale.




Questo movimento verrà avviato a Roma solo più tardi. Infatti, qui non vigeva uno status politico tipico di corte o signoria, per effetto del fatto che oltre al papa, anche storiche famiglie nobiliari esercitavano una certa e non indifferente influenza politica.

Papa Giulio II  (1443 - 1513) durante il suo soglio cercò di circoscriverne il ruolo, affrancandovisi progressivamente allo scopo di portare lo Stato Pontificio a livello di grande potenza europea. Fu, infatti, assai attivo nella politica internazionale, tanto da guadagnarsi l'epiteto di papa "guerriero".



Via Giulia costituiva il simbolo della Roma di quei tempi e a tutt'oggi è ancora così elegante e magica. Fu voluta proprio da papa Giulio II (e aperta all’inizio del Cinquecento), il quale aveva in obiettivo, come già accennato, il rilancio dell'Urbe nel panorama politico ed economico. Per fare ciò, cercò di coinvolgere negli investimenti grandi mercanti e banchieri dell'epoca (come, ad esempio, Agostino Chigi) che si occupassero anche dell'amministrazione delle finanze papali.




La fontana del "Mascherone"
Se accediamo in via Giulia dal versante di Ponte Sisto, la fontana del "Mascherone" si trova sulla sinistra, solo dopo pochi passi. E' appoggiata ad un muro retrostante, edificato nell’Ottocento.
L'opera, che risale al XVII secolo, fu voluta della potente famiglia Farnese, su progetto di Girolamo Rainaldi.
La fontana è composta di marmo bianco, granito bigio, travertino e metallo per il giglio sormontante. Nei progetti era previsto che fosse alimentata con l’acqua Vergine, ma per l'avvio dell'opera, si dovette optare per acquedotto Paolo.
La vasca in granito è collocata in un bacino situato a livello stradale e frontalmente il profilo marmoreo presenta al centro un mascherone antico che versa l’acqua. Tuttavia, nel 1720 per celebrare la nomina a Gran Maestro dell'Ordine dei Cavalieri di Malta del signorotto senese Marco Antonio Zondadari, venne data disposizione di far uscire vino anziché acqua dalla fontana per tutta la notte dei festeggiamenti, fino al mattino successivo.


Via Giulia costituiva luogo di gran passeggio per signorotti e alti prelati. Peraltro, costituiva anche luogo di frequentazione per le cortigiane dell'epoca, donne di norma di raffinata cultura e dedite all'arte, che accompagnavano facoltosi commercianti.




Curiosità in Piazza Trilussa: la poesia accanto al busto
Oltre Ponte Sisto

All'Ombra

Mentre me leggo er solito giornale 
spaparacchiato all'ombra d'un pajaro 
vedo un porco e je dico: - Addio, majale! - 
vedo un ciuccio e je dico: - Addio, somaro! -

Forse 'ste bestie nun me capiranno, 
ma provo armeno la soddisfazzio 
nede potè di' le cose come stanno 
senza paura de finì in priggione.




Le tue insicurezze sono le mie

POESIA
~ Massimo Ballo ~

Percorrer in prati sentieri ritorti
calpestio di fusti, immagini contorte
l'aria lieve è ora alle porte
lontani visibil lumi in bagliori distorti.

Una piuma dal vento menata, quale soffìo
leggera, eterea, con sè scivola ogni tremore
ora lascia tradir il desio del partire,
riluce il pallore fondesi al nubìo.

Vola alta e puotesi solo rimirare, avvertire.
E' leggera, ma insostenibil nel candore.
E' come toccarla nel ciel in bagliore,
grave è il peso del verbo al mio sentire.

Lascia traccia di profondo, un solco in aratro,
antico tratturo il ripetersi di buoi in pastura.
Alzasi in volo polverosi aliti nella vista immatura
è l'arcaico viver del mio tempio in simulacro.


E in cuor il capriccio, ché desidero quel ch'Egli ferma.
Non v'è risposte ma dogmatica vita e adorazione.
Liberar il coraggio per darti in vista un’illusione.
In ritroso percorrere di rive del tempo che riarma.

Nel ciclo del tempo perder ogni desio
rifiutando il corpo nel vecchio intorpidire.
Eppur limpide parole accompagna in oblio
in segreti luoghi mozzar fiati al vero sentire.

Sarà che non vedrò le pietre antiche nel sol ardere
e nel buio tremare al canto del timoniere del destino.
Da crespata terra sia tenace il risorgere
l’istinto schiuderà ai nuovi orizzonti del cammino.

Non riempirò d'aria nel principiar dei voli.
Iddio getta lo scritto e libra ogni respiro,
in attrazione e per sassi torniam come soli.
Mai persuaso nel doveroso addio ora ammiro.


Sarà moneta di freddezza che a morte mi ferisce.
Cos’è l’amore, la gioia, la tristezza.
Giunge il momento di comprendere per chi capisce.
Inghiottir l’acre delusione in pochezza di certezza.

E’ lontana e brilla lucente nella notte
e nell'or che m'abbraccia non vorrei.
Irradia gli occhi, si avvicina nel mutar la sorte.
Alba il ciel ma nel peccato non siam rei.

Chi arresta i pensieri confinatomi nei penitenti.
Erano granelli che quasi sospesi vengon giunti insieme,
effetti inversi strozzandone gli eventi.
Di data in dì spender il respiro, incerto alla visione.

Reo di ricordar l’antico, in vero solo novità.
Getta il vissuto nel buio silenzioso dell’indifferenza.
La rimembranza mi risuona vuota come sacralità,
spinge la sabbia in clessidra nell'oscura rimembranza.

E sarà di chi amo un singhiozzo di vuote sembianze,
acciocché alla vista della Signora è tempesta che trafigge.
Quelle che migrano negli addii delle partenze.
Immortalità, eternità il dubbio rovescia in tramogge.

Il ripetersi vizioso di domanda sempre indarna.
Se eternità sia, sarà riunione d'ogni anello spezzato.
Con impavida visione cogli la lama in pelle scarna
torniam sconosciuti e nella pietà affrancato.


Di quale amore se di ratto El disfa il percorrer d'una seminagione.
Figlio, Or vo. El creò il brillar d'occhi, il battito guizzoso di profusione,
ordini felici in volo d'intrecci di mani in novella stagione.
Figliolo, di affrastellati dubbi non consegnerotti né risposta, né ragione.







I figli chiedono risposte, ma i genitori spesso non ne hanno.
Ci indicano la strada dei dubbi e ci insegnano l'umana fragilità del quotidiano.
E spesso ci si rifuggia nella sicurezza di una maschera posticcia.




NOTE:
  • Salvatore Spoto, Le fontane, Edizioni Coralli, Roma 2010