martedì 13 dicembre 2011

Il Rinascimento a Roma Michelangelo e Raffaello

[25 ottobre 2011 - 12 febbraio 2012]

Era una Roma dissestata e depredata dei suoi antichi fasti quella dei primi  decenni del '400. Non contava più di ventimila abitanti, per lo più concentrati nell'ansa del Tevere. Case diroccate e acquedotti interrotti si univano a uno scempio perpetrato sulle antichità, sempre più ridotte a cave di materiali. E' una Roma che papa Martino V (1417 - 1431) metterà a confronto naturale con gli splendori fiorentini, disponendo, come conseguenza, il ripristino di un decoro cittadino, con interventi su ponti e strade, su San Pietro, sulla Basilica Lateranenze ed anche presso la Basilica di San Paolo fuori le Mura.


Sarà indetto un Giubileo per il 1423 allo scopo di attirare un flusso di pellegrini, affinché potessero trovare conforto nei messaggi di fede e al ritorno ne potessero dare diffusione. Ma il giubileo poteva anche costituire fonte di introiti per i piani di intervento che la condizione generale richiedeva. E così furono attratti artisti da ogni parte d'Italia e d'Europa, come Masolino da Panicale e Masaccio, che curarono la Basilica di San Clemente. Ma offerte di lavoro arrivavano anche da famiglie aristocratiche e cardinali. E così accorsero anche Beato Angelico e Piero della Francesca.

Tuttavia, già in passato ci fu un tentativo di ridare a Roma importanza e dignità di centro del mondo cristiano. Azione che, tuttavia, registrerà un grave fallimento per la Chiesa e per Roma stessa, intrapresa da uno tra i più discussi successori di Pietro: papa Bonifacio VIII (1294 - 1303). Fu un tentativo il suo che nelle intenzioni  doveva provocare effetti di ordine più politico che religioso, anche se  - pure in questa occasione - venne veicolato attraverso l'indizione di un giubileo. E così nel 1300 furono raccolti in preghiera un gran numero di fedeli, a cui si chiedeva pentimento in cambio della remissione dei peccati. L'evento permise al pontefice di avviare e realizzare molti interventi di restauro e ampliamento delle maggiori chiese. Ed è proprio questo l'aspetto che più interessa questa sede, per il suo significato artistico e architettonico di livello. Il successo dell'iniziativa, come già nelle premesse, fu soltanto religioso e non anche politico. Filippo IV (il Bello), sul trono di Francia dal 1285, con la sua politica intendeva instaurare un'autorità di monarchia di tipo nazionale, a danno pertanto delle famiglie feudali francesi. Ciò si manifesterà soprattutto attraverso il rafforzamento dell'esercito, tale da poter assicurare a Filippo il Bello forze centripete di potere. Per realizzare tale progetto, erano però necessarie grandi risorse, e queste potevano derivare solo dall'applicazione delle tasse a tutti i sudditi. I ceti che fino a quel momento avevano goduto di privilegi vennero così colpiti dalle nuove disposizioni. E tra questi erano compresi gli ecclesiastici, che non solo non avevano mai versato tributi, ma anzi riscuotevano introiti sulle loro proprietà. Ne nacque uno scontro di poteri, con la negazione per parte di Filippo IV dell'autorità "universale" del papa, che rispose firmando la bolla Unam Sanctam Ecclesiam, che ribadiva il potere supremo sul mondo cristiano. L'epilogo della contesa porterà allo scontro, con i soldati francesi inviati dal re nell'intento di arrestare il papa. La popolazione di Anagni, dove il papa si trovava, resisterà e permetterà allo stesso di raggiungere Roma; ma l'evento provocherà un profondo sconforto che lo porterà a morire dopo poco tempo.
Il papa successivo, Clemente V aprirà la stagione della "cattività avignonese", con lo spostamento della residenza papale da Roma ad Avignone e conseguente decadenza di Roma, che perse insieme al papato il peso politico e il potere di riconoscimento dei sovrani: re e imperatori non ritenevano ormai più necessaria una legittimazione della loro investitura da parte della Chiesa. Il ritorno del papa a Roma avverrà solo nel 1377.

I papi che seguiranno Martino V non saranno meno sensibili alla causa di riaffermazione della centralità politica e cristiana di Roma, che si concretizzeranno in interventi urbanistici e artistici di rilievo.
La mostra è dedicata ai personaggi forse più rappresentativi di un'era di splendore e rinascita: il Rinascimento nel periodo della sua maturità, con manifestazioni artistiche che nel campo dell'architettura e della pittura metterà a confronto diverse espressioni. E, quindi, Michelangelo e Raffaello Sanzio e tante altre firme autorevoli dell'epoca. Ma anche importanti papi intenti nel mecenatismo che ha permesso la realizzazione di capolavori che ancora oggi viviamo nel nostro quotidiano. La spinta dell'Umanesimo interesserà infatti moltissime Corti e Signorie italiane, come Firenze, Venezia, Napoli, Ferrara e Mantova, ma, non di meno, anche Roma. E in questo caso il pensiero corre verso i papi Giulio II (1503 - 1513) e Leone X (1513 - 1521).
Il primo sarà protagonista di grandi demolizioni di molte costruzioni sorte in modo disordinato nel tessuto urbanistico medievale, nell'intenzione di realizzare nuovi progetti. E pensiamo a via Giulia, con esecuzioni che saranno però parziali rispetto a quanto programmato e la nuova Basilica di San Pietro, che non ne vedrà il compimento, perché saranno necessari più di cento anni. Personaggio volitivo, Giulio II esprimerà con vigore anche la volontà di riedificare la basilica con la demolizione della chiesa di era costantiniana.

Nel corso di questi pochi secoli Roma cambierà volto.


A quei tempi dobbiamo registrare una presenza - seppur breve - a Roma anche di Lorenzo Lotto. Mentre un'impronta più decisa e prolifera è stata tracciata dall'opera di Filippino Lippi e di Sandro Botticelli, invitato dal papa a dipingere scene nella Cappella Sistina.


NOTE

mercoledì 9 novembre 2011

Filippino Lippi e Sandro Botticelli nella Firenze del '400

[5 ottobre 2011 - 15 gennaio 2012]

Alle Scuderie del Quirinale nella sessione autunnale troviamo "Filippino Lippi e Sandro Botticelli nella Firenze del '400". Un'esposizione di opere provenienti dai più importanti musei di tutto il mondo e da collezioni private.
La mostra offre l'occasione per contemplare capolavori soprattutto del maestro toscano Filippino, che a Roma ha avuto l'occasione di studiato le antichità e di lasciare la sua impronta affrescando la cappella Carafa, nella Chiesa di Santa Maria sopra Minerva.

Figlio di frate Filippo Lippi e di Lucrezia Buti, monaca del convento agostiniano di Santa Margherita, Filippino (in verità il suo vero nome è Filippo, ma passerà alla storia col diminutivo per distinguerlo dal padre) nasce a Prato nel 1457 ca., dove apprenderà l'arte pittorica dallo stesso padre, che lo introduce fin dalla fanciullezza nella preparazione dei colori e nel disegno, e dalla collaborazione con fra' Diamante, il quale con altri curerà l'affrescatura della cappella maggiore del Duomo di Prato.
Dopo la morte del padre (avvenuta nel 1469, mentre si stava occupando della decorazione del coro della Cattedrale di Spoleto) e un periodo girovago, Filippino approda alla bottega del Botticelli, dove non svolge un ruolo di semplice garzone, ma piuttosto di promettente collaboratore, elaborando col tempo un suo personale stile. Sarà artista assai apprezzato anche dai Medici.

La mostra si articola in sei sezioni:
  • "Fra Filippo del Carmine", il padre e il primo maestro (1457-1469);
  • L'"Amico di Sandro". Nella bottega del Botticelli (1472 – 1478);
  • La prima attività indipendente e poi sotto la protezione del Magnifico (1478-1488);
  • La cappella di Filippo Strozzi in Santa Maria Novella e altri lavori (1485-1502);
  • A Roma, lo studio dell'Antico e la Cappella Carafa (1488 – 1494);
  • Gli ultimi anni, fra fantasie mitologiche e pittura devota (1494-1504).

Nel suo avvio si è accolti da "Madonna col Bambino e storie della vita di sant'Anna" di Filippo Lippi (Firenze, Uffizi). In un unico tondo sono rappresentate diverse scene di vita, con ricchezza di elementi e brillantezza dei colori. Spicca il viso serioso di Sant'Anna madre della Beata Vergine Maria, forse a esprimere la consapevolezza delle difficoltà di vita che attenderà la madre di Gesù. Colpisce la morbidezza delle vesti, con attenti dettagli di pieghe e chiaroscuro. Risalta anche la trasparenza del nimbo in sottile ricamo d'oro a sottolineare la cura dei dettagli dedicata alle figure principali, quasi in contrasto col personaggio con una cesta sul capo sulla destra, in esecuzione quasi monocromatico e con pieghe dell'abito piuttosto abbozzate.
Tra le mani delle figure centrali viene portato il melograno, simbolo della fertilità e della diffusione di fede.

Tra le numerose opere in esposizione, segnalo ciò che ha più colpito la mia attenzione e interesse:

  • in "Madonna e Bambino con San Giovanni Battista e gli Angeli" di Filippino Lippi sono evidenti le trasparenze degli abiti e delle aureole e l'uso della prospettiva - proprio rinascimentale - che conferisce profondità, misura e volume degli spazi a tutte le cose. Sullo sfondo a destra si registra una rappresentazione tipicamente leonardiana, con le sfumature dalla luce all'ombra e la nebbia sulle acque che ne conferisce il volume. Il passaggio di stato delle acque, esprime il messaggio della trasformazione. Le note sullo spartito compone vera musica, tant'è che ha avuto esecuzione. Col Rinascimento cambia anche la figura dell'artista, che non è più artigiano di bottega, ma uomo di cultura, che studia la natura, le opere degli antichi e la matematica, per rispondere ad una committenza esigente e colta;
  • in "I santi Rocco, Sebastiano, Girolamo ed Elena" di Filippino Lippi si hanno le rappresentazioni tra le più richieste dalle famiglie, come protezione dagli eventi nefasti. San Rocco, infatti, è protettore dalla peste e sant'Elena è madre di Costantino - di cui ultimo non si ha documentata certezza di conversione - e venerata dalla tradizione cristiana per il ritrovamento operato in occasione del suo viaggio in Palestina di un frammento di croce del Cristo. In relazione a questo frammento come ad altre importanti reliquie venne costruita a Roma la basilica di Santa Croce in Gerusalemme, dove troviamo anche un chiodo della croce. Da ammirare la finezza dell'abito della santa, che ricorda i veli delle tre Grazie nella Primavera del Botticelli. San Sebastiano, ufficiale romano, porta in mano la freccia perché martirizzato trafitto da frecce per la sua conversione di fede. Infine, San Girolamo ha con sé il leone a cui avrebbe tolto nel deserto una spina, e per questo motivo è rappresentato con suo muso mansueto;
  • in "Adorazione dei magi" di Filippino Lippi (Firenze, Uffizi) si ravvisa la somiglianza e i punti di contatto con la versione del Botticelli. Tra i personaggi troviamo membri della famiglia Medici;
  • in "Apparizione della Vergine a San Bernardo", la Vergine sfoglia il libro dove il santo scrive le omelie in suo onore. Sullo sfondo in basso a destra si intravede un demonio incatenato. Il messaggio che viene trasmesso intende affermare che l'Uomo può scegliere tra la via della Virtù o del Male, ovvero "sopporta e astieniti" dai beni apparenti e meramente terreni.
Curiosità.
  • Fra' Filippo, essendo pittore e cappellano del convento di Santa Margherita a Prato, chiese alla madre badessa il permesso di avere come modella la monaca Lucrezia per conferire religiosità alla Madonna in lavorazione su una pala d'altare. Tuttavia, la vicenda ebbe come evoluzione l'unione amorosa dei due, con procreazione di Filippino. L'unione stessa fu legittimata in un momento successivo con dispensa papale, grazie all'intercessione di Cosimo de' Medici. I due furono sciolti dai voti e in seguito ebbero anche una seconda figlia dal nome di Alessandra.
  • Sandro Botticelli è stato il migliore e il più amato fra gli allievi del padre di Filippino: un confronto stimolante e interessante è tra la Madonna col Bambino e gli angeli, di Filippo Lippi e la Figura centrale della Primavera di Botticelli (Firenze, Uffizi).
  • Tra le diverse opere in mostra viene spesso rappresentato il pavone, come simbolo di bellezza interiore, di rinascita e sopravvivenza dell'anima.
  • La pittura fiamminga esercita un notevole influsso sulla pittura Rinascimentale. I contatti commerciali con le Fiandre agevolava la diffusione e gli scambi anche di opere. Nella collezione di Lorenzo de' Medici erano presenti quadri fiamminghi. Dei quadri fiamminghi veniva apprezzata la tecnica di produzione dei colori, che li rendevano particolarmente brillanti e, inoltre, l'abilità di rendere le trasparenze;
  • Sandro Botticelli (1445 - 1510) nel 1481, per la fama raggiunta, venne invitato dal papa a dipingere alcune scene della Cappella Sistina. In una seconda parte della sua vita sarà influenzato dal Savonarola, fino a esprimere opere con un nuovo impatto religioso. In effetti finirà nei primi anni del 1500 con lo smettere di lavorare in seguito a crisi mistica. Il Lippi, invece, sembra  entrare in un processo di doppia produzione, con lavori sia in stile ascetico e penitente per i seguaci del Savonarola (cc.dd.: "piagnoni"), che attraverso realizzazioni per Alfonso Strozzi, nemico acerrimo del Savonarola.

domenica 30 ottobre 2011

Chiesa Santa Barbara dei Librari. Nei pressi di Campo dei Fiori.

Rione Regola.


Passeggiare nella zona dello storico rogo, ha sempre un sapore antico. O forse è la memoria ad esser condizionata dalle rievocazioni.
Mi ci portava mio nonno, per gustare le fritte leccornie tipiche della romanità di altri tempi.

Ero spesso in questi luoghi anche al tempo delle mie scuole superiori. Spensierata età che rimane radicalmente viva dentro e che ti regala sempre un piacevole ricordo e un sorriso. Credo sia per tutti così, anche se - come me - si è stati discenti studiosi e non si è commesso mirabili sciocchezze, figlie più dell'emulazione del branco che della propria intima convinzione.

La Chiesa pertanto viene eletta a simbolo di questi luoghi e di un periodo felice, anche per le prime struggenti scosse amorose. Perché seppur così piccola, riesce a imporsi, senza lasciarsi schiacciare dalle forze dirompenti delle emozioni e degli eventi che ti portano a crescere e progredire.

Stretta tra le mura di due belli e antichi palazzi, si fa largo quasi a dispetto degli stessi. La piccola chiesa di Santa Barbara dei Librari, nel Largo dei Librari (già Piazzetta di Santa Barbara), nei pressi di via dei Giubbonari, appare proprio in questo modo. Tanto che rimangono attoniti e sbalorditi coloro i quali vedono per la prima volta questo gioiello in miniatura. Sicché, minuta anche la piazza, il tutto si mesce nel commercio di abbigliamento e gioie. Un misto di convivialità ed ecumenismo, di sacro e profano. Si trova a poca distanza dallo sguardo severo di Giordano Bruno, che ci ricorda il suo sacrificio per la libertà. Egli così tollerante da sopportare pazientemente anche il chiasso del mercato rionale e, dall'imbrunire, della vita mondana notturna.

La data della sua costruzione è di difficile definizione. Quello che è noto è che sorge nell'XI secolo per volere di Giovanni Crescenzio, signore di Roma. Nel 1306 si registra l'anno della sua consacrazione e nel 1601 viene concessa alla Confraternita dei Librari, costituitasi l'anno prima. Nel 1680 viene ricostruita con i fondi dello stampatore Zenobio Masotti (ad egli è dedicata un'iscrizione sulla parete interna della chiesa dove fu sepolto). Sarà per molto tempo chiesetta parrocchiale, fino a quando nel corso del XX secolo verrà chiusa per decenni, sconsacrata e ridotta a magazzino. Affidata alla Comunità di Santa Barbara, verrà riaperta al pubblico negli anni '80. Giunge a noi dopo esser stata restaurata.


Entrando, si constata la pianta a croce greca, con le sue quattro cappelle. Sulla destra, la cappella della Madonna, ospita un trittico in legno del 1453 raffigurante la Madonna con Bambino e i santi Michele Arcangelo e Giovanni Battista.
Nel Transetto destro troviamo un Crocifisso ligneo del Trecento con la rappresentazione della Madonna e di San Giovanni ai piedi della Croce, opera del Garzi.

Il martirio della Santa è opera invece del Monacelli, dipinto nella parte che precede la Cappella del presbiterio.


La facciata di Giuseppe Passeri è a due ordini. Il primo presenta due colonne con capitelli, tra le quali troviamo la porta sormontata da un'architrave recante l'iscrizione dedicata a Santa Barbara. Nel secondo, all'interno di una nicchia è racchiusa una statua in travertino della Santa.

Santa Barbara è martire cristiana del III secolo. La festa si celebra il 4 dicembre.





lunedì 12 settembre 2011

San Giovanni a Porta Latina


La piccola Basilica di San Giovanni a Porta Latina costituisce uno splendido esempio di architettura medievale. Dedicata a S. Giovanni Evangelista, si trova in posizione defilata rispetto ai rumori del traffico cittadino, con accesso da via di Porta Latina.


Sorse originariamente nel V secolo per volere di Papa Gelasio I (492 - 496). Nel 722 verrà completamente ricostruita (Papa Adriano I, 771 - 795) e nel 1191 sarà restaurata per mandato di Papa Celestino III (1191 - 1198).

Dell'originaria costruzione viene conservata come leggio una tegola del tetto su cui sono riportati gli stampigli dell'epoca di Teodorico.


Rispetto all’attuale basilica, la primitiva chiesa del V secolo doveva per alcuni aspetti essere diversa. Si ipotizza che l’area della piazzetta che troviamo oggi davanti alla chiesa, ne potesse originariamente costituire uno spazio interno e antistante, come in genere veniva previsto nelle chiese paleocristiane.

Con l’intervento dell’VIII secolo si previde la navata centrale con le due laterali (secondo le planimetrie delle basiliche costantiniane) con l’aggiunta anche di un vestibolo.
Le tre navate si presentano, quindi, definite da due fila di archi sorretti ciascuno da cinque colonne di marmo diverso.

Sempre all’interno vi sono 46 affreschi che rappresentano scene del Vecchio e del Nuovo Testamento, inserite in occasione delle opere di restauro del XII secolo. In uno si scorge una scena con la punizione di Adamo ed Eva.
Peraltro, poche tracce rimangono di un affresco probabilmente realizzato una estesa area della Chiesa.

Tra il XVI e il XVII secolo anche questa chiesa come altre ha subito un intervento per l’installazione di elementi barocchi. In particolare fu introdotta una soffittatura a cassettoni. Tutte le strutture realizzate in questa occasione furono rimosse per ridonare al luogo di culto l’aspetto di originaria semplicità.

L’attuale livello del pavimento risale agli interventi del XI secolo, mentre sotto di esso troviamo quello del VIII secolo e più sotto quello della basilica primitiva. Tuttavia, nel portico è a vista il livello originario.




Dall’esterno, col suo caratteristico campanile del XIII sec, la chiesa espone un portico medievale sostenuto da colonne classiche.




Nel cortile sulla sinistra troviamo un antico pozzo, presso cui gli sposi usano immortalare il giorno delle loro nozze. In questa chiesa, infatti si celebrano molte funzioni nuziali, essendo tra le più tipiche e particolari delle antiche chiese di Roma.













NOTE
  • fonti: Guida della Basilica di San Giovanni a Porta Latina, Collegio Missionario “Antonio Rosmini”, Roma
  • fonti: Claudio Rendina, Le Chiese di Roma, Newton & Compton Editori, Roma 2004
  • fonti: Willy Pocino, Le curiosità di Roma, Tradizioni Italiane Newton, Newton Compton Editori, Roma 2010

mercoledì 10 agosto 2011

Dalla Fontana delle Tartarughe a Palazzo Sora, passando per Piazza Navona

Propongo un percorso a tre tappe. Una piacevole passeggiata da fare riappropriandoci dei ritmi lenti e rilassati, col caloroso invito a godere di questo momento senza fretta.
Per questo motivo, saliremo idealmente sulla corazza di una tartaruga. Come una di quelle che potremo trovare nella Fontana di Piazza Mattei; più che una fontana un vero gioiello artistico. [segue l'articolo dopo la mappa]





Fontana delle Tartarughe



La piccola e graziosa, piazza Mattei accoglie la Fontana delle Tartarughe e importanti storici palazzi.
La fontana manifesta la sua tipicità rispetto all'attuale panorama romano. E' stata realizzata nel tardo Rinascimento, tra il 1581 e il 1588. L'elemento scultoreo si distingue rispetto alla parte architettonica, caratterizzata quest'ultima comunque da una variegata policramia di marmi. Il progetto è di Giacomo della Porta (1581), mentre sono da attribuire a Taddeo Landini le quattro figure di efebi di bronzo. Si aggiungono i delfini su cui gli efebi stessi poggiano il piede. Le quattro figure in posa con la mano alzata nel progetto originario dovevano sostenere altrettanti delfini, che non furono mai realizzati o mai posti in piazza Mattei dato che si ipotizza vennero per un periodo ubicati a ornamento della fontana detta "La Terrina in Campo de' Fiori". 
Nel progetto originario la Fontana delle Tartarughe doveva essere installata in una vicina piazza della zona, ma le insistenza del nobile Muzio Mattei che nell'omonima piazza aveva la sua residenza indussero l'Amministrazione a realizzare l'opera ove attualmente si trova. 
Si narra che il Duca Mattei fece costruire la fontana per ingraziarsi i favori del padre di una fanciulla di cui era innamorato e che desiderava ottenere in sposa. Il padre, inizialmente reticente per il fatto che ormai il Mattei era un nobile caduto in miseria, accettò comunque l’invito a cena del Duca. E così nel dopocena, una volta affacciatosi dalla finestra sulla piazza, rimase così estasiato dalla vista della fontana e dalla musicalità dell’acqua, che si predispose in favore delle nozze. In memoria della serata, il Duca dispose che la finestra fosse murata, tant’è che ancora oggi la troviamo chiusa.
Le quattro Tartarughe in bronzo sul bordo del catino, pur dando il nome alla fontana, fanno la loro apparizione solo durante i lavori di restauro del 1658, voluti da Alessandro VII, Chigi (1655-1667). L'aggiunta si deve probabilmente alla mano del Bernini. 
Nel tempo le tartarughe subirono diversi furti, il primo nel 1906. E' per questo motivo che sulla fontana troviamo delle copie, mentre quelle originali sono assicurati nei Musei Capitolini.
La fontana è dotata di un impianto di trattamento delle acque per contrastare il fenomeno di formazione di depositi calcarei.

Nella piazza è possibile ammirare anche, Palazzo Patrizi Costaguti (con fontana nel cortile) e Palazzo di Giacomo Mattei (con fontana nel cortile).




Nei pressi di Vicolo dell'Aquila svoltare a destra per P.zza Navona



Piazza Navona

Fontana del Moro

Fontana dei Fiumi

Fontana dei Fiumi

L'ampia e celeberrima Piazza Navona, di forma allungata da nord a sud con richiamo all’antico circo di Domiziano, accoglie in sè ben tre fontane. Tra queste la Fontana dei Fiumi occupa la posizione centrale anche in ragione del fatto che su di essa è stato innalzato l'obelisco proveniente dal Circo di Massenzio sull'Appia Antica.
L'opera si deve all'iniziativa del Pontefice Innocenzo X (Giovanni Battista Pamphilj, 1644 - 1655) su progetto di G. L. Bernini, che si avvalse della collaborazione dei suoi migliori allievi.
Inaugurata nel 1651, la fontana, attraverso le quattro statue di marmo alte cinque metri, rappresenta altrettanto fiumi, con conseguente richiamo ai rispettivi continenti. E così troviamo il Gange come simbolo dell'Asia, il Nilo che simboleggia l'Africa, il Danubio per l'Europa e, infine, il Rio de la Plata in riferimento all'America.
Rispetto alle statue, due sono le particolarità. La statua scolpita per il Nilo porta con la mano un velo al capo per bendare gli occhi, giacché la sorgente del fiume all'epoca non era ancora conosciuta. La seconda curiosità si riferisce alla statua realizzata a simbolo dell'America, che, secondo una tradizione popolare, è in posa con lo sguardo spaventato e atterrito verso la facciata della Chiesa di S. Agnese in Agone come a preludere un imminente crollo. Tale scelta rappresentativa verrebbe attribuita alla rivalità professionale tra il Bernini e il Borromini, anche se in merito a questa chiave interpretativa va detto che la fontana dei Fiumi era già stata ultimata quando vennero avviate le opere in S. Agnese sotto la direzione del Borromini, che ne rivide in parte il progetto originario e che proseguirono dal 1653.
Sulla scogliera si atteggia l’intera scena disposta sui quattro lati. Dalle diverse angolari visioni prospettiche si riscontra l’aspetto di grotta naturale. Sul basamento poggia l'alto obelisco che svetta verso il cielo per ventuno metri. All'apice una colomba stringe un ramoscello di ulivo nel becco. Il ramoscello di ulivo richiama lo stemma della Famiglia Pamphilj, cui il Papa apparteneva.


A sud della Piazza (lato Corso Vittorio Emanuele II) è disposta la Fontana del Moro, che venne eseguita originariamente nel 1574 ad opera di Giacomo Della Porta, su commissione di papa Gregorio XIII (Ugo Boncompagni, 1572 - 1585). La fontana prevedeva un basamento e diversi gradini. Ai quattro lati erano disposti altrettanti tritoni eseguiti da vari scultori del cinquecento, come Taddeo Landini, Simone Moschino, Giacobbe Silla Longhi e Egidio Della Riviera de Molines, nonché al centro della vasca un grande delfino. Ad ornamento vennero allestiti anche vari mostri marini alternati da mascheroni.
Fu papa Innocenzo X a commissionare al Bernini l’opera di rifacimento della fontana. Questi eliminò i gradini portando la piscina a livello del suolo. Recuperò, tuttavia, gli ornamenti preesistenti e pose al centro la statua del Moro da lui stesso disegnata e realizzata nel 1655 da Giovanni Antonio Mari. Sembra che nei fatti l’incarico venne attribuito da Donna Olimpia Maidalchini, cognata di papa Innocenzo X e di cui questi sembra avesse un debole tanto da conferirle il titolo di principessa. Donna Olimpia divenne abilmente un personaggio di spicco nella Roma dell’epoca, tanto che il Bernini per riconoscenza dell’incarico ottenuto le regalò un modello d’argento della fontana.
Il Moro in verità è un tritone che trattiene un delfino, ma furono i romani ad attribuire alla statua questo nome, forse in funzione dei lineamenti esotici del viso. Data la prossimità del torso di Pasquino è probabile che nel disegnare il Moro il Bernini si sia ispirato ad esso.
La fontana venne sottoposta a restauro nel 1708 su iniziativa del pontefice Clemente XI (Giovanni Francesco Albani, 1700 - 1721) con sostituzione della vasca esterna e nel 1874 con il subentro di copie a firma di Luigi Amici in luogo dei tritoni e delle quattro maschere originali. Infatti, i tritoni che troviamo oggi presso la fontana non sono le primigenie versioni dato che in occasione di questi ultimi interventi gli stessi vennero incomprensibile spostati nel giardino del lago di villa Borghese.


Nel fronte settentrionale, lato Tevere, abbiamo la Fontana del Nettuno, chiamata un tempo dei “Calderari” poiché nella zona diversi artigiani esercitavano l’attività di produzione e vendita di recipienti di rame. Come la fontana del Moro, anche questa originariamente era composta da un vasca con all’interno un catino secondo il progetto di Giacomo Della Porta (1574); che, inoltre, prevedeva al centro una colonna in marmo con su di essa una palla da cui usciva uno zampillo d’acqua. Tuttavia, pure questa fontana fu sottoposta all’intervento del Bernini che ne previde una piscina contenente la vasca lasciata invariata, dalla quale però venne tolta la colonna.
Dopo di che la fontana rimase per lungo tempo priva di ulteriori interventi, tanto da meritare l’appellativo di “Fontana dello scandalo”.
Ciò fino al 1873, quando per esigenze di allineamento stilistico con la fontana del versante opposto, venne bandito un concorso e, quindi, con non poche polemiche, aggiunti il Nettuno che lotta con una piovra avvinghiata alle gambe di Antonio Della Bitta, nonché fanciulli su cavalli marini, putti e sirene eseguiti da Gregorio Zappalà. Con termine dei lavori nel 1878.
In passato la fontana aveva la funzione di fornire l’acqua per l’allagamento della piazza, a fini di sollazzo di tutta la cittadinanza.



Palazzo Sora

Palazzo Sora, ex ITC V. Gioberti
L'edificio originario fu costruito da Urbano Fieschi, conte di Lavagna, nel XV secolo, ma nell'area si ha notizia di una costruzione con torri fin dal Trecento, appartenente ai fratelli Savelli, discendenti di papa Onorio III (Cencio Savelli, papa dal 1216 al 1227). Fu infatti successivamente che l'area venne occupata procedendo con la demolizione di quanto preesistente per la costruzione del palazzo nella zona detta del Pozzo Bianco. Niccolò, fratello di Urbano, decise poi di ampliare e decorare il palazzo per renderlo degno della casata che poteva vantare due papi tra i componenti (Innocenzo IV e Adriano V).
Nuovamente di proprietà dei Savelli dal 1547, nel 1579 fu acquistato da papa Gregorio XIII (1572-1585), appartenente alla famiglia dei Boncompagni. Poichè erano duchi di Sora la piazza ne prese il nome.
Nell'Ottocento l'edifico fu sottoposto a restauro, in occasione del quale vennero trovati due pavimenti in mosaico.

In origine la facciata principale era quella su via Sora che anticamente era più larga. Con l'apertura di Corso Vittorio Emanuele II una parte del palazzo venne tagliata sul lato sul corso. Nella riscotruzione venne ripresa l'architettura della facciata dell'allora piazza Sora. Fu in quell'occasione che, oltre alle finestre, ne venne previsto anche l'ampio portone, decorato con nastri e trofei. Percorrendo Vicolo Savelli è possibile scorgere le parti dell'antico palazzo.
Nel cortile si può scorgere un sarcofago del III sec.



Alcuni angoli caratteristici nei pressi







Città eterna -mente sveglia - Rome by night

Fontana del Nettuno in Piazza Navona
Se vieni in vacanza a Roma non puoi perdere l'occasione di vivere la vita notturna delle sue vie e vicoletti. 
Andare a piedi per il centro storico significa scoprire angoli di irresistibile fascino. E la visita culturale passa anche da qui, ovvero dai diversi punti di incontro sparsi un po' ovunque nelle piazze e nei vicoli tipici. 
Con la bella stagione, poi, le persone amano godere del refrigerio del venticello tardo-pomeridiano (er ponentino, come si usa chiamare da queste parti), che accompagna dolcemente fino a tarda notte e che abbraccia gente di ogni età. Si esce nel pomeriggio, ovvero quando la canicola estiva che consiglia un più mite riparo cede il posto alle ombre allungate delle chiese e dei monumenti romani, per dirigersi verso i tanti punti di incontro e divertimento che costituiscono anche l'occasione di approfondimenti culturali. E così, partendo da Via del Corso, ad esempio, è possibile raggiungere Piazza della Rotonda attraverso le stradine che prendono avvio da Piazza Colonna e Piazza di Monte Citorio. Oppure ci si può inoltrare da Via di Pietra, se si vuole con l'occasione ammirare anche il Tempio di Adriano. Sul percorso è possibile trovare locali per tutti i gusti. Arrivati a destinazione non possiamo non lasciarci trasportare dalla bellezza del Pantheon. E a pochi passi troviamo Piazza Navona. Da lì poi è possibile scegliere se proseguire per Campo de' Fiori, oppure se percorrere Via del Governo Vecchio, facendo però prima visita a Pasquino, con le sue verità.


Nel primo caso, dopo aver attraversato la sempre viva e attiva piazza di Campo de' Fiori, è d'obbligo percorrere via Giulia per arrivare sul Lungotevere, dove è possibile assaporare l'atmosfera magica di Trastevere. Uno dei possibili attraversamenti è Ponte Sisto, consigliato non solo perché è pedonale, ma anche per il fatto che una volta guadagnata l'altra sponda del Tevere ci si può inoltrare nel quartiere dalla romantica Piazza Trilussa. Se la vostra visita cade nella terza settimana di luglio, il consiglio è quello di non perdere il folclore e la tipicità della storica Festa de' Noantri.


Nel secondo caso i tanti localini e angoli magici di via del Governo Vecchio e, a seguire, di via dei Banchi Nuovi vi accompagneranno dolcemente in direzione di una vista che mai dimenticherete: Castel Sant'Angelo e San Pietro dall'omonimo ponte Sant'Angelo. Da qui, se il sole non è ancora completamente tramontato, potrete ammirare il Tevere che funge da specchio alle policromatiche luci della Città Eterna.


NOTE

[Fontana delle Tartarughe]

  • fonti: Willy Pocino, Le fontane di Roma, Newton & Compton Editori, Roma 2004
  • fonti: Salvatore Spoto, Le fontane, Edizioni Coralli, Roma 2010
  • fonti: Paletta di presentazione e commento storico nei pressi della Fontana delle Tartarughe c/o piazza Mattei
[Piazza Navona]

  • fonti: Willy Pocino, Le fontane di Roma, Newton & Compton Editori, Roma 2004
  • fonti: Salvatore Spoto, Le fontane, Edizioni Coralli, Roma 2010
  • link: http://www.romaspqr.it/roma/Piazze/Piazza_navona.htm
  • link: http://www.romaspqr.it/roma/obelischi/obelisco_agonalis.htm
  • link: http://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_Sant'Agnese_in_Agone
[Palazzo Sora]

  • fonti: Giorgio Carpaneto, I palazzi di Roma, Newton & Compton Editori, Roma 2004
  • link: http://www.060608.it/it/cultura-e-svago/beni-culturali/beni-architettonici-e-storici/palazzo-sora.html
  • link: http://www.palazzidiroma.it/palazzo%20Sora.htm 

lunedì 11 luglio 2011

Il Tempio dell'Imperatore Claudio

Il Tempio dell'Imperatore Claudio, una visita la Celio.

E' in corso a Roma l'esposizione sulla figura di Nerone

Basilica dei Santi Giovanni e Paolo
Tuttavia, non può non dedicarsi all'Imperatore Claudio un piccolo spazio, per gli intrecci storici che legheranno Nerone all'ascesa al potere come successore.
Agrippina (minor), madre di Nerone, era sorella di Caligola, nonché figlia del generale Germanico.
Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico (ovvero, Claudio) salirà al trono con l'uccisione di Caligola nel 41. Dunque, Claudio era lo zio di Agrippina, ma questo non le impedirà di diventare moglie del nuovo Imperatore. Ciò perché in realtà aveva in progetto l'ascesa al trono di suo figlio Nerone, la cui realizzazione, mossa dopo mossa, passerà anche per l'uccisione di Claudio (e successivamente del suo figlio Britannico). La quale sarà compiuta per intossicazione, attraverso dei funghi avvelenati. La moglie Agrippina gli dedicherà un tempio, che, come vedremo, ad oggi è ridotto a pochi (e anche trascurati) resti.

Torre Campanaria della Basilica
Lasciandoci alle spalle il Colosseo, percorriamo la Via Claudia. Il traffico qui è spesso intenso.
Sono uscito in fretta dall'ufficio nell'intendo di trovare un'oasi di pace, ma le mie aspettative al momento sembrano disattese. E invece le bellezze e il piacere non tardano a venire. Oltrepassato l'Arco di Dolabella ci si immerge in un'atmosfera irreale. I rumori sembrano svanire inaspettatamente. Come se qualcuno avesse all'improvviso chiuso una finestra. Sembro quasi accolto e protetto da mura materne, che mi conducono docilmente verso la Basilica dei Santi Giovanni e Paolo. E' via di San Paolo della Croce che ci conduce alla piazza dedicata ai SS.
Per individuare il Tempio dobbiamo fare riferimento alla Torre Campanaria. Ed è agevole distinguere i resti del Tempio stesso, avvalendoci della differenza cromatica delle bianche pietre che si trovano alla base della Torre stessa. Ciò costituisce il fronte occidentale del Tempio.





Archi di Clivo Scauro


Interessanti e caratteristici sono gli archi che su un lato si appoggiano sulla parete sinistra della Basilica. Scendendo il Clivo, la passeggiata ci accompagna fino alle meraviglie del Palatino.


















Dettaglio... curioso


Tra le tante antichità, individuiamo un dettaglio curioso riferibile all'uomo "contemporaneo".












NOTE
  • C. Augias, I segreti del Vaticano, Mondadori, Milano 2010
  • I. Beltrame, Caccia ai tesori nascosti di Roma, Mondadori, Milano 2010

Link interessanti:

venerdì 1 luglio 2011

Tramjazz: una serata unica

Se rispetto all'appuntamento delle 21:00 arrivi in Piazza di Porta Maggiore circa 30 minuti prima, ti sembra di vivere un frammento di giornata come tanti altri. Il traffico intenso avvolge le mura antiche e le Persone in attesa alla fermata hanno il medesimo sguardo attonito di sempre; così perso e fiducioso che all'orizzonte si stagli il numero della linea che le porterà a destinazione. E' la logica costante che anima le mosse dello scandire quotidiano.
Eppure qualcosa di diverso si distingue a una sbirciata più attenta. Un gruppetto è fermo sul marciapiede in attesa del tram delle 21:00. Sono vestite per una serata romantica. La lancetta dei minuti nel frattempo avanza di circa quindici passi e che questa piazza si stia ammantando di magico è confermato dall'arrivo di due mezzi con un passo lento ma sicuro. Le loro figure sono presenti nella mia memoria, di quando ero bambino. Le loro forme sono sbiadite dal tempo, ma mi ricordano nettamente le linee 19 e 30, che all'epoca facevano capolinea a Piazza Risorgimento. Quando prendevo il tram era una festa: qualche volta era un fuggire segreto con mio nonno e quello sballottio mi rilassava e mi predisponeva bene per tutto il proseguo della giornata.
I convogli si fermano e fanno bella mostra del loro fascino antico e indimenticabile. Si aprono le porte: scende del personale per offrire un calice di prosecco. Nessun numero è presente in testata e in coda. Sembra di sognare eppure è tutto vero. Tavole imbandite per la cena e su di esse le candele irradiano ombre incerte e tremolanti. Prendere questi tram è surreale e fantastico.
Ci porterà per la strada ferrata nelle vie storiche di una città unica come Roma.
Una delle fermate è al cospetto dell'Anfiteatro Flavio, il Colosseo.
La musica è suonata mirabilmente. Il jazz scorre soffice sulla pelle: è una carezza da brividi.
Tutto ha un sapore di altri tempi. Anche il conducente alcune volte deve scendere per azionare uno scambio con un lungo attrezzo in ferro.
E il bisogno di assaporare la vita con un passo più docile diventa una certezza. La frenesia non può far parte della nostra dimensione. Una serata rubata al nostro tempo.






Info e prenotazioni

domenica 26 giugno 2011

Fontana di Trevi: insolitamente vuota

Roma, 16 maggio 2011

A distanza di un lasso imprecisato di tempo questo pensiero affiora repentino. Un ricordo per un fatto insolito sospende la mente.
Passando di qui, in pieno centro storico di Roma. Mi sale una strana felicità, quella di trovarmi in un luogo familiare ma estraneo.

Roma, 16 maggio 2011

Ostaggio di un pensiero, di una memoria, dove tutto trova una sua collocazione senza affidare allo sguardo il riscontro del vero. E allora distinguo le figure, ma non le riconosco. E immagino pure chi le ha pensate. Chi ha progettato e scolpito nella pietra quelle forme, sapendo che alcuni segmenti avrebbero accolto lo scorrere continuo del liquido vitale.
Mi trovo al cospetto di questa meraviglia di Roma, una fontana che ruba la facciata a un palazzo per impreziosirla, come un anello di metallo lussuoso accoglie il proprio diamante.

Roma, 16 maggio 2011


E' un'assenza a rapire la mia attenzione: quella dell'acqua. Cerco le note mancanti a completamento di questo mosaico, per parte solido e in parte fluido. Provo a liberarmi da questo sogno senza voci e senza suoni. La vasca è vuota e tutt'intorno un silenzio sconcertato.







giovedì 2 giugno 2011

Parata Militare 2011

Vi propongo alcuni scatti "alternativi" della Parata Militare. Una festa di Pace e di aggregazione dei Popoli.
Gli errori fotografici che seguono ci devono ricordare che la guerra è sempre un errore...


















QUESTO NON E' UN ERRORE!!!


venerdì 13 maggio 2011

Lorenzo Lotto. La mostra a Roma


Oltre 50 opere dell'artista sono esposte alle Scuderie del Quirinale. Lorenzo Lotto si colloca nell'ambito della pittura veneta cinquecentesca, sebbene il riconoscimento delle sue doti sarà postumo e nonostante abbia vissuto anche in Lombardia e nelle Marche, dove sono conservate opere importanti.
Nel 1509 giunge a Roma chiamato da Giulio II. La permanenza nella Città Eterna sarà breve: mai sarà pienamente compreso.
Salendo le scale semicircolari della mostra, una scritta luminosa proiettata a muro definisce il pittore "schivo" e "umbratile".
I colori e la loro brillantezza è ciò che subito colpisce. Le opere sono disposte in modo che la luce possa mettere in risalto le morbide forme, le prospettive e le pieghe delle vesti. Come nel "L'apparizione della Vergine ai Santi Antonio Abate e Ludovico da Tolosa", dove il mantello celeste della Madonna è in rilievo e sembra distaccarsi dal dipinto. La scena dell'apparizione si colloca in luogo aperto e assolato, tra alberi e vegetazione sullo fondo. I due santi sono in estasi e venerazione mistica.

Nel Cristo deposto nel sepolcro, che troviamo tra San Domenico risuscita Napoleone Orsini, nipote del cardinale di FossanovaLapidazione di santo Stefano (predella della Pala di San Bartolomeo), lo svenimento della Madonna alla vista del Cristo è rappresentata con la dinamica copertura degli occhi per effetto del cedimento della parte del mantello posto sul capo.
Nella Madonna in trono con il Bambino e i Santi Giuseppe, Bernardino da Siena, Giovanni Battista e Antonio Abate e Angeli (Pala di San Bernardino - 1521), la Madonna è in vesti rosse. Un viso giovane e moderno nell'atto di chiedere l'attenzione al Bambino, che invece sembra manifestare la distrazione tipica della fanciullezza. Il drappo verde a protezione e completamento della scena viene sorretto da quattro Angli alati. Le ali sono evidentemente mutuate dagli uccelli. Dei quattro l'Angelo di destra tradisce movimenti goffi e disordinati: pare, infatti, sorreggere il drappo con difficoltà. Un quinto Angelo con ali che sembrano richiamare le piume del pavone è nell'atto di scrivere le preghiere. In veste arancioni (il colore è forse polarizzato col tempo) ci guarda intensamente allo scopo di catturare la nostra attenzione. Dall'estrema sinistra, San Giuseppe ha i piedi nodosi e vissuti (e per il dettaglio ci sembra quasi un legame col Caravaggio). L'aspetto dimesso, la barba bianca e la manica strappata in un lato costituiscono dettagli che ne rafforzano la sua intensa operosità. San Bernardino estasiato e mistico con in mano la simbologia dell'ostia è completamente catturato dalla scena centrale. San Giovanni Battista richiama con la mano e la mimica dell'indice lo sguardo e l'interesse di un Giovanni Battista forse troppo vecchio per vedere e sentire chiaramente. Sullo sfondo una scena di campagna. Una casa in fiamme.
Nella  Madonna con il Bambino e i santi Caterina d'Alessandria e Tommaso (1528 - 1530), da Vienna, colpisce l'ampia veste azzurra dove viene accolto dolcemente il Bambino.

Al piano superiore troviamo l'Annunciazione (1533 circa), l'olio scelto a simbolo dell'intera mostra. Lo sguardo della vergine, docile e obbediente ai voleri Supremi, aggiungono una quarta dimensione, quella della rappresentazione e del coinvolgimento dello spettatore. Ci si sente immersi da quegli occhi dolci e increduli. L'Arcangelo, biondo e in vesti azzurre, inginocchiatosi porta la notizia di una missione che travalica l'umana comprensione. Sullo sfondo in alto a destra un Dio che sembra aggiungere con severità il peso di un'opera difficile. Il balzo del gatto completa la raffigurazione dei limiti propri di una dimensione terrena rispetto all'eccezionalità dell'evento.

Infine, Presentazione di Cristo al tempio (1554 - 1556) solo per sottolinearne che la tarda opera pittorica, in cui le forme sono più piccole e approssimative. La cura dei dettagli è più sfumata: la capacità è evidentemente ridotta in conseguenza dell'età ormai avanzata.

Link Utili:



NOTE:
  • Lotto. I Simboli, Mauro Zanchi, Giunti, Milano 2011



In lungo e in largo per l'Italia.
Lorenzo Lotto nasce a Venezia nel 1480. Nello stesso anno 18.000 Turchi sbarcano a Otranto. Sulla resistenza degli otrantini e sui massacri consiglio la seguente lettura: Maria Corti, L'ora di tutti, Bompiani.

mercoledì 11 maggio 2011

Mostra "L'ha scritto la Radio..."

Raggiungo la Casa della Memoria, inserita in un contesto di Roma affascinante e trasgressivo. Siamo in Trastevere.
L'esposizione è organizzata al primo piano dall'Associazione Italiana Radio d'Epoca (AIRE). Salendo le scale, ho la sensazione di esser accompagnato da mio nonno, telegrafista e appassionato di musica. Lo vedo ancora armeggiare con le grandi manopole di ciò che lui definiva grammofano. In verità era un grande mobile bar, completo di giradischi e radio in multi-frequenza. Se non ricordo male, aveva anche l'FM.

Le correnti elettriche possono essere utilizzate come portatrici di messaggi: le invenzioni dell'800 del telegrafo e del telefono, fruttano proprio questa possibilità. Tuttavia, detti mezzi trovano nella necessità della posa di cavi il loro limite "fisico". Ecco perchè, direi doverosamente, la mostra dedica un passaggio alla telegrafia. La strumentazione dell'epoca viene rappresentata  da alcuni esemplari e alcune riproduzioni.
La radio, nella sua primitiva applicazione, rappresenta la trasmissione via etere di segnali codificati (codice Morse). Nell'evoluzione successiva l'invenzione ha avuto nel tempo molteplici applicazioni. E, quindi, qui è possibile prendere visione di alcune apparecchiature militari degli anni '50. In una sezione dedicata alla spedizione al Polo Nord del Dirigibile Italia (1928), è ben rappresentato il tributo alla radio per il ruolo determinante nel salvataggio dei superstiti dell'equipaggio. A seguire viene esposta un'ampia carrellata di radio a uso consumer. La radio con le prime trasmissioni ha costituito uno status-symbol e un oggetto per pochi. Solo successivamente con l'estensione della produzione e la conseguente commercializzazioni a costi più contenuti, la radio è potuta entrare anche nelle case dei meno facoltosi.




 













Fino al 14 maggio 2011: c'è ancora qualche giorno per ammirare queste bellezze.


NOTE